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Etf al test Volkswagen & C

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8 novembre 2008

Chi attendeva gli Etf al varco per testare quell'efficienza che li ha resi popolari fra gli investitori è stato probabilmente accontentato negli ultimi due mesi di tempesta. In effetti, dal crack Lehman in poi i mercati finanziari non si sono fatti mancare quasi niente: la crisi del credito, il crollo delle Borse prima e l'alta volatilità poi.
Dal punto di vista dei fondi che replicano passivamente gli indici, inoltre, altri due particolari aspetti sono arrivati a creare scompiglio: la chiusura a più riprese della Borsa di Mosca e il ciclone Volkswagen . Da ricordare soprattutto il caso del gruppo automobilistico tedesco: il titolo è volato in orbita per effetto della speculazione (per qualche ora, martedì 28 ottobre, ha addirittura conteso alla Exxon la palma di società a maggior capitalizzazione al mondo) prima di riatterrare bruscamente.

Un problema non da niente per tutti quegli Etf impegnati a ricostruire gli indici nei quali Volkswagen è ben rappresentata, il Dax di Francoforte in primis (dove il peso della casa di Wolfsburg aveva raggiunto il 30%), l'EuroStoxx 50 e soprattutto il settoriale Stoxx 600 Auto. Ma anche un'impasse che sembra essere stata fronteggiata con un certo successo da parte dei cloni: in fondo - fanno notare pressoché in coro i principali operatori sul mercato italiano - i market maker sono riusciti a quotare gli Etf interessati dalle due vicende in qualsiasi momento. I due prodotti che puntano sulla Borsa di Mosca, e questo è il maggior vanto per la categoria, hanno addirittura trattato nei giorni più tumultuosi durante i quali il mercato restava chiuso.

Un buon risultato, dunque, ma con quali costi per l'investitore? Non certo insignificanti, se si guarda alla differenza di prezzo alla quale questi titoli sono stati messi in vendita e in acquisto sul mercato nelle fasi di turbolenza. Questo valore, definito in gergo tecnico spread bid-ask, che va in parte a remunerare le spese vive sostenute dal market maker per la costruzione del paniere e che rappresenta un costo implicito di intermediazione per il cliente, è infatti notevolmente cresciuto in questi ultimi due mesi.

L'analisi condotta a campione dalla società di consulenza indipendente Consultique su una serie di Etf coinvolti nelle anomalie Russia e Volkswagen (vedi tabella a fianco) parla del resto chiaro: rispetto ai valori medi dell'ultimo anno (o dal giorno della quotazione, per chi è arrivato sul mercato nel 2008) gli spread osservati a settembre e ottobre sono significativamente aumentati e in alcuni casi (soprattutto i prodotti che replicano Dax e Stoxx Auto) addirittura raddoppiati.
Con quali effetti per i risparmiatori? Ben pochi per chi, con una strategia di medio-lungo termine, ha mantenuto in portafoglio i fondi che aveva: messo un freno alla speculazione su Volkswagen (anche grazie alla revisione della composizione degli indici Dax, Stoxx e soci) e riaperto il mercato russo, i valori degli Etf si sono sostanzialmente riallineati a quelli dei panieri replicati. Diverso è invece il discorso per chi in quei giorni intendeva vendere o acquistare questi prodotti, visto che lo spread rappresenta un costo supplementare.

Certo, giudicare l'efficienza dei «replicanti» sulla base di due casi eccezionali sarebbe ingeneroso, tanto più che nello stesso periodo problemi di portata anche maggiore hanno condizionato (e perfino bloccato) anche molti altri mercati istituzionali. Resta il fatto che la crescita degli spread di negoziazione sugli Etf rischia di diventare un fenomeno consolidato, che va ben al di là del singolo prodotto o fenomeno.
Sarà pure un effetto «fisiologico», come sostengono gli operatori, un inevitabile riflesso della crisi che attanaglia quei mercati che funzionano da sottostante agli Etf. Non c'è dubbio però che il meccanismo di formazione dei prezzi è sempre migliorabile, magari compiendo un ulteriore sforzo per portare sul listino milanese nuovi market maker specializzati.

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